L’improvvida fine del servizio di maggior tutela per gli utenti domestici nei settori gas ed energia elettrica (al via rispettivamente dal 10 gennaio e dal 1° luglio 2024), tra le poche cose positive, prevede una salvaguardia per i clienti definitivi vulnerabili, che mantengono il diritto di rimanere o rientrare nel servizio a tutela delle vulnerabilità.
Ma anche questo caposaldo vacilla di fronte all’arroganza di alcune aziende. In molti ci segnalano, infatti, che questo diritto, pensato per aiutare soggetti in una condizione di fragilità (dovuta all’età, alle condizioni economiche o alla disabilità), spesso viene negato, frapponendo ostacoli e diffondendo informazioni false e fuorvianti.
La prima complicazione si riscontra in merito alle modalità di sottoscrizione: mentre un contratto sul libero mercato si può sottoscrivere in molteplici modi (addirittura, come spesso capita, anche contro la volontà del consumatore), il contratto in tutela no: vi sono pochi uffici dedicati, solo online, per accedere al servizio il cittadino deve districarsi tra lungaggini e rinvii.
Per queste ragioni Federconsumatori ha inviato ai principali venditori una lettera con la quale chiede di conoscere, per ciascuna area territoriale, le modalità che ogni azienda mette a disposizione per sottoscrivere questo tipo di contratto: una volta completato il monitoraggio, valuterà se tali modalità sono conformi alla norma e adeguate rispetto alla funzione sociale che il servizio di tutela, oggi più che mai, ricopre.
Inoltre, Federconsumatori ha avviato una campagna informativa destinata agli utenti vulnerabili (chi ha compiuto 75 anni, percettori di bonus energia e disabili ai sensi dell’art.3 l.104/92) per informarli del loro diritto a rimanere in servizio di tutela e per invitarli a segnalare prontamente ostacoli da parte delle aziende al suo esercizio, assistendoli per ottenere il riconoscimento di questo sacrosanto diritto.
Il tema della vulnerabilità è tra le questioni prioritarie che Federconsumatori ha chiesto ad Arera di approfondire, prevedendo un ampliamento della platea dei vulnerabili ed il sanamento di alcune storture e assurdità. Non si spiega perché, infatti, solo per fare un esempio, la vulnerabilità è riconosciuta solo se il cittadino disabile è anche titolare dell’utenza, non basta che faccia parte del nucleo familiare.