Il diritto delle donne di autodeterminarsi non si compra
In questi giorni abbiamo appreso con stupore e sconcerto della proposta di legge depositata in Senato dal senatore Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia, per l’istituzione del “reddito di maternità”, che prevederebbe l’erogazione di un sostegno economico mensile fino a 1.000 euro alle donne che, rivoltesi a consultori pubblici, strutture sanitarie abilitate o medici di fiducia, rinuncino all’interruzione volontaria di gravidanza.
Nonostante i promotori del testo cerchino maldestramente di nascondersi dietro al dichiarato “nobile” intento di incrementare le misure di sostegno alla genitorialità e di ridurre il numero di richieste di aborto motivate da ragioni economiche, nei fatti la proposta non è altro che un subdolo e malcelato tentativo di impedire, il più possibile, il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, peraltro senza tenere in alcuna considerazione le sensibilità, le fragilità e le complessità individuali che possono essere sottese ad una scelta il più delle volte emotivamente difficile. Per non parlare del fatto che l’ipotetico sostegno sarebbe rivolto soltanto a donne cittadine italiane, contribuendo ad allargare ulteriormente la già ampia forbice delle diseguaglianze che purtroppo ancora permeano la nostra società.
La proposta si inserisce in un contesto socio sanitario già segnato da gravi iniquità e fattuali violazioni dei diritti, in cui l’accesso all’aborto risulta fortemente problematico – se non addirittura impossibile, in alcuni contesti – a causa dell’applicazione diffusa e indiscriminata dell’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario nelle strutture pubbliche. Ad aggravare il tutto si aggiunge inoltre l’approvazione, solo qualche settimana fa, dell’emendamento al decreto PNRR che autorizza la presenza delle associazioni antiabortiste nei presidi sociosanitari.
Tutto ciò rende evidente come l’attuale Governo stia facendo di tutto per evitare la corretta applicazione della Legge 194 che, al contrario, sancisce il sacrosanto e irrinunciabile diritto delle donne a accedere all’aborto.
L’eventuale introduzione del reddito di maternità, lungi dal rappresentare un intervento a sostegno della genitorialità, si sostanzierebbe come un’indebita ingerenza nelle scelte personali delle donne, traducendosi in un ricatto economico e un impedimento al libero accesso all’aborto, che deve invece rimanere un diritto costituzionalmente garantito.