Cala, a marzo, la fiducia dei consumatori. L’Istat rileva una battuta d’arresto dell’indice, che si riporta al livello dello scorso gennaio.
Un dato ampiamente prevedibile a nostro avviso: le famiglie continuano a far fronte a prezzi dei beni di consumo estremamente elevati, sono costrette a rinunce e tagli, anche nel settore alimentare e della salute, stanno pagando bollette esorbitanti, per l’effetto congiunto dell’abolizione del mercato tutelato nel settore del gas (e a breve anche in quello dell’energia elettrica) e dello smantellamento del tutto prematuro dei sostegni disposti per affrontare la crisi energetica.
Tutto ciò non fa che opprimere il potere di acquisto, le aspettative e i consumi, alimentando povertà e disuguaglianze. Quando parliamo d’inflazione, di perdita del potere d’acquisto di retribuzioni e pensioni, dobbiamo pensare sempre a chi sta peggio, a tutti quelli per cui un incremento minimo dei prezzi di beni, servizi e tariffe può risultare drammatico. Dobbiamo pensare a coloro che, per spuntare un prezzo più conveniente, compiono importanti rinunce sul fronte della qualità, con tutti i danni sulla salute che ne possono derivare e l’impatto sociale, economico e ambientale che ne consegue.
Sono 5,7 milioni le persone in condizione di povertà assoluta, come ha rilevato recentemente l’Istat. È il dato più alto di sempre. A queste persone, in primo luogo, bisogna pensare perché la lotta alle disuguaglianze non rimanga un proclama, ma si traduca in atti concreti come: creare posti di lavoro, garantire servizi pubblici adeguati (a partire dal Servizio Sanitario Nazionale), contrastare la povertà energetica e alimentare.
L’aver cancellato misure come il reddito di cittadinanza (sostituendolo con il misero contributo della Social Card Dedicata a Te) o come il sostegno e rilancio dell’edilizia residenziale pubblica non aiuta a invertire una tendenza che sembra consolidarsi. Così come far leva sul nemico alle porte, come nel caso del fenomeno dei migranti, non solo è fuorviante, ma utile esclusivamente a generare l’intolleranza di chi sta male nei confronti di chi sta peggio.
È ora di rendersi conto che la vera ripresa passa anche per un attento controllo sui prezzi, una riforma delle aliquote Iva sui generi di largo consumo (che consentirebbe alle famiglie di risparmiare oltre 531,57 euro annui secondo le nostre stime) e una riforma fiscale equa, davvero tesa a sostenere i redditi medio-bassi e non ad agevolare quelli più elevati.