Si chiama ufficialmente “stanza dell’ascolto”, ma si potrebbe tranquillamente definire “stanza della rinuncia”. Voluta e ottenuta dall’Assessore del Piemonte alle Politiche sociali, affidata all’Associazione “Movimento per la vita”, sarà inaugurata a giugno, all’ospedale Sant’Anna di Torino, la prima stanza pro-vita.
La sua funzione non è ancora ben definita, formalmente non avrà, o almeno non dovrebbe, avere accesso ai dati delle pazienti che intendono interrompere la propria gravidanza: la verità è che la presenza, all’interno di un ospedale, di una struttura che promuove un orientamento anti-abortista, innegabilmente, rappresenta un grave attacco alla libertà di scelta delle donne, nonché un grave tentativo di orientarne ed influenzarne le decisioni.
Le ideologie devono stare fuori dagli ospedali.
Questa operazione, insieme alla progressiva estinzione dei medici che effettuano aborti nelle strutture pubbliche, alle liste di attesa e alle carenze dei Consultori, rappresenta l’ennesimo tassello del progressivo smantellamento dei diritti conquistati con la legge 194/78.
Prova ne è che il Piemonte ha fatto da apri pista ad un disegno più ampio del Governo di estendere la presenza delle associazioni antiabortista in tutto il Paese.
Difatti, l’emendamento al decreto PNRR, se non fermato nell’iter parlamentare, consentirà alle associazioni pro-life-antiabortiste di entrare nei consultori pubblici, senza oneri aggiuntivi per le Regioni, e influenzare con la loro azione, la libera facoltà delle donne di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza, ed in un momento di estrema vulnerabilità. Ciò risponde alla precisa volontà del Governo di svuotare la Legge 194 aggirandone i suoi cardini.
Mentre in Europa si procede in tutt’altra direzione, con il voto del Parlamento europeo a favore dell’inserimento del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Italia si compiono inaccettabili passi indietro. È inconcepibile come una donna, oggi, per abortire si debba iscrivere a lunghe liste di attesa oppure sia costretta a migrare verso un’altra regione che le garantisca la prestazione in tempi consoni.
Federconsumatori, da sempre attiva per la tutela dei diritti civili e sociali, si attiverà in ogni sede per difendere il diritto all’aborto e, se necessario, chiederà di aprire degli sportelli all’interno degli ospedali e delle strutture sanitarie pubbliche, per informare i cittadini, le donne, sul diritto alla salute ed alle cure, incluso il diritto di accesso alla L 194/78.